Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP): una benedizione o una maledizione per i consumatori?

Il CTCU teme che l'interesse alla "crescita" prevalga su altre istanze


Dal luglio dello scorso anno l'Unione Europea e gli Stati Uniti stanno negoziando, a porte chiuse, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP). Fra qualche settimana i negoziati dovrebbero entrare nel vivo. Tale accordo potrebbe anche costituire un'opportunità per l'economia e per i consumatori, nel caso in cui conducesse ad un mercato più sicuro ed equo per i consumatori europei ed americani, e favorisse un modello economico rispettoso delle risorse del pianeta. Il Centro Tutela Consumatori Utenti teme però che l'interesse esclusivo riguardo la "crescita" finisca per avere la prevalenza sulle richieste dei consumatori e su quelle volte alla sostenibilità delle risorse ambientali e del pianeta. Questo perché sia l'Europa che gli Stati Uniti si trovano sempre più in concorrenza con Paesi emergenti, fra i quali la Cina, l'India e il Brasile. Per i consumatori la posta in gioco è davvero alta: alimenti geneticamente modificati, trasferimento di dati, standard di sicurezza per le autovetture, prodotti finanziari oppure criteri di sostenibilità negli appalti pubblici, questi alcuni dei settori che potrebbero essere toccati dalle novità del negoziato.

I punti critici riguardano, ad esempio, gli standard di sicurezza e di igiene degli alimenti e dei prodotti agricoli, che differiscono di molto fra le due sponde dell'Atlantico. Mentre negli Stati Uniti i prodotti geneticamente modificati possono essere, infatti, venduti senza alcuna particolare dichiarazione, oppure il pollame macellato viene "disinfettato" in una soluzione di cloro, in Europa tutto ciò non è ammesso. Dall'altro lato, i consumatori statunitensi non gradiscono i formaggi a base di latte crudo e le carni bovine da allevamenti europei. Nel caso in cui però, attraverso il trattato TTIP, i rispettivi processi di produzione e di lavorazione venissero bilateralmente riconosciuti, sia i consumatori europei che quelli statunitensi dovrebbero sopportare uno stravolgimento dei propri gusti e delle proprie tutele. Ciò potrebbe valere anche per altri settori nei quali gli standard di produzione o commercializzazione differiscono notevolmente, come ad esempio la legislazione sui prodotti chimici o quella relativa ad aspetti ambientali oppure ancora quella relativa all'autorizzazione di prodotti medicinali o alle questioni della proprietà intellettuale.

Resta poi aperta la domanda se il trattato comprenderà o meno le regole sui prodotti finanziari. In caso affermativo, bisognerà assicurarsi che non vengano depotenziate le regole introdotte dopo le recenti crisi dei mercati finanziari, volte a garantirne la stabilità ma soprattutto la tutela di investitori e consumatori. Come per altri trattati già esistenti, anche il TTIP dovrebbe garantire particolari diritti agli investitori. Questi potrebbero "promuovere cause legali" contro gli Stati - cioè i contribuenti - per ottenere risarcimenti pecuniari, come ad esempio nel caso in cui uno Stato abbia emanato, secondo il giudizio dell'investitore, una legge in contrasto con il contratto concluso e che "mettesse in dubbio" l'investimento fatto. La questione non verrebbe però discussa davanti ad un giudice, ma al di fuori dei tribunali, davanti ad un collegio di mediatori o arbitri (non di promanazione pubblica).

Tutti gli ambiti citati sono ad altissimo "interesse pubblico", ed eventuali modifiche della legislazione andrebbero discusse pubblicamente. Finora però i negoziati sono stati condotti in modo tutt'altro che trasparente e pubblico! Le informazioni riguardo l'andamento delle trattative sono scarsissime e ciò rende oltremodo impossibile discutere dei soli possibili effetti pratici che deriverebbero dall'applicazione anche da noi del TTIP, come anche la presentazione di proposte alternative costruttive. Le organizzazioni non governative, come le Associazioni dei consumatori, stanno avanzando richieste in tal senso.

Intanto la parola passa al Parlamento Europeo, ai Parlamenti nazionali degli Stati membri ed alla società civile.


Comunicato stampa
Bolzano, 07/05/2014